Dall’intervista al senatore Carlo Rubbia su La Repibblica del 23 Marzo 2014
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“Professore, come si diventa scienziati?
Da piccolo il regime fascista mi faceva vestire da balilla, mio padre era partigiano, mia madre profondamente antifascista. Mi hanno educato alla libertà e alla conoscenza. Ho sempre prediletto il domani rispetto all’oggi e mi e sempre piaciuta i’invenzione. Per un’invenzione ancora non diffusa stavo sul potuto di morire. La penicillina, scoperta nel 1929, non fu disponibile se non dopo la guerra. Fortunatamente riuscii ugualmente a guarire dalla broncopolmonite. Nell’immediato dopoguerra la voglia di progredire era una spinta fortissima, una carica di energia che non si i mai più rinnovata con la stessa forza. La conoscenza è basata sull’incertezza, sui traguardi che appaiono impossibili, sulle piccole cose che scorgiamo lontanissime, indefinite e spaventose ma che ci attraggono come un magnate. Solo gli intrepidi e gli avventurieri le vedranno da vicino. Il mondo è stato cambiato dall’eccezione non dalla media.
Sta dicendo che siamo troppi in copia conforme e così tremebondi o prudenti da non riuscire a pensare che il progresso di domani non sia altro che l’assurdo di oggi?
Dal giorno in cui siamo scesi dall’albero sono vissuti sulla Terra appena settanta miliardi di uomini e nel corso della mia breve esistenza la popolazione si è moltiplicata per tre. Oggi siamo sette miliardi, in un solo spaziotempo rappresentiamo il dieci per cento dell’intera umanità transitata sui nostro pianeta. Sette miliardi di persone connesse ventiquattr’ore su ventiquattro, un affollamento che contribuisce al conformismo e che limita I’affermarsi della differenza, dove il genio rischia di passare per un pazzo e consumarsi inutilmente come tale. Ma non era una pazzia l’uomo che vola di Leonardo o la conquista della Luna preconizzata de Von Braun?
Ci farcianto poche domande?
Non ce ne facciamo abbastanza. Avremmo bisogno di rincorrere le idee impossibili, come dicono gli americani. La scienza è un’avventura piena di dubbi, di fallimenti e di momenti di emozioni straordinarie. Molte volte ciò che propone non funziona, dovremmo continuare a chiederci; perché non così? perché non così? Romperci la testa in laboratorio. E, invece, il fallimento non e ammesso. Siamo conservativi, ostinati nel pensare che quello che ha funzionato nel passato continui a funzionare nel futuro. Ma il più delle volte è un errore. Ci reste quasi tutto da capire, è la cosa che ci differenzia dalle altri specie. A me piace guardare. Un quadro, un libro, un film, un ingranaggio, non c’e separazione tra il lavoro e il divertimento. Si concentri per qualche minuto sulla cosa più semplice che conosce, scoprirà quanto poco sa di essa.
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