
In realtà ho sempre saputo che questo non è vero e che il modello è profondamente sbagliato a meno che non ci si voglia piegare a logiche tipiche del nostro tempo, centrate sul culto della persona nel nome dell’eccellenza, in poche parole, politiche di destra.
I bandi per idee hanno principalmente tre problemi:
- è quasi impossibile valutare correttamente l’idea per il suo valore scientifico: difficilmente una commissione di 5/6 esperti può realmente capire la validità di un progetto che proviene da un qualunque campo della ricerca. In Europa, un valutatore non ha più di 4/5 ore per leggere e scrivere il suo rapporto su un progetto (dell’ordine di 50 pagine), tempo nel quale personalmente non mi leggo neanche un articolo scientifico di 5/6 pagine, se lo voglio capire;
- è difficile, se non impossibile, capirne la sostenibilità: il 99% dei progetti, una volta finito il finanziamento, falliscono perché non hanno supporto per generare un’impatto effettivo;
- la valutazione dei risultati del progetto non si ha quasi mai e comunque quando accade è prevalentemente amministrativa e quasi mai realmente scientifica.
Inoltre questa metodologia di finanziamento rischia di promuovere la partecipazione delle istituzioni di ricerca e università nel sviluppare idee con l’ottica di raccogliere fondi necessari al finanziamento piuttosto che per realizzare un reale cambiamento, oltre a incentivare una società di vinti e vincitori, mediata da modelli competitivi e capitalistici che non appartengono alla nostra cultura e alla sinistra, e che peraltro creano mostri inconsistenti (per lo più giovani) la cui unica funzione è fare bandi piuttosto che produrre sapere.
Bisognerebbe quindi pensare a nuovi modelli, in cui si riesca a valorizzare realmente le buone idee, ma limitare gli effetti devastanti di politiche che dietro le buone intenzioni falliscono nella loro realizzazione.
Un’alternativa potrebbe essere quella del premio al posto del bando per idee. Parliamo infatti di sostenere progetti di ricerca o istituzioni ed università, e non di creare un nuovo business o impresa per cui scommettere attraverso la sola valutazione delle idee ha le sue motivazioni. Non dobbiamo creare nuovi enti o istituzioni preposti a svolgere queste funzioni, ma semmai creare un sistema, ecosistema, che faciliti attraverso la ricerca lo sviluppo (e permettetemi di non scadere nella retorica della parola innovazione), che sia di qualità (e permettetemi di non usare la parola eccellente) che crei opportunità e condizioni stabili di lavoro (e permettetemi di non parlare di formazione, diventa il lavoro dei nostri giovani).
Si potrebbe quindi pensare a assegnare dei fondi a posteriori, ovvero dei premi, a quelle istruzioni/persone che hanno realizzato progetti validi e sostenibili nell’ambito delle politiche di indirizzo sulla ricerca degli organi finanziatori.
Questo permetterebbe di non dover valutare il progetto solo in base alle idee, ma sui suoi risultati. Permetterebbe di capirne la sostenibilità effettiva, e di concentrarsi sulla valutazione scientifica piuttosto che amministrativa. Infine il premio potrebbe essere vincolato ad esempio al supporto di nuove posizioni, assunzioni, progetti, ecc., ecc. sotto l’indirizzo del finanziatore ma a discrezione dell’istituzione/persona vincitrice, cosa che penso sarebbe forse ben vista dalle istituzioni stesse che manterrebbero quella autonomia scientifica a cui forse le istituzioni finanziatrici non dovrebbero mai sostituirsi, svolgendo invece al meglio il loro compito di indirizzo politico.