I Giornalisti nell’Erba mi chiedono qualche riflessione in più sulle vie d’uscita, ritenendo probabilmente il realismo di questo articolo (http://www.giornalistinellerba.it/…/sostenibilita-fisicame…/) sconfortante. La Scienza, ad oggi, ritiene che l’uomo, così come l’universo, il sistema solare, la Terra e tutte le specie che vi abitano siano prima o poi destinate ad estinguersi, e con le conoscenze attuali non mi sembra esista modo di uscire dal loop in cui tutto nasce, tutto muore, trasformandosi e degradandosi… Ma io non ritengo che questo sia pessimismo cosmico, ma solo la coscienza che siamo 7 miliardi di una delle tante specie sul nostro pianeta, di uno dei tanti pianeti che ospitano probabilmente la vita nel nostro universo. Ci sono quindi tante soluzioni a questo problema, tutte rispettose del nostro sapere, ad esempio:
- a) possiamo continuare ad accumulare ricchezze nelle mani di pochi, a sfruttare le risorse della terra e del lavoro rendendo schiavi del consumismo anche i paesi emergenti e attraverso il lavoro gratuito nei paesi ricchi, dove solo i più forti sopravviveranno, dando all’economia il ruolo che fin ora ha assolto la natura di selezionatore della specie, accelerando (oggi, il PIL questo misura) l’attuale raggiungimento dello spazio abiotico;
- b) possiamo esternalizzare l’entropia, come proponeva un mio collega in un commento a questo articolo, creando una sorta di Spazio 1999 (serie televisiva degli anni 70 nella quale la Luna è diventata il deposito di scorie nucleari della terra, che ad un certo punto esplodono costringendo i suoi abitanti ad una odissea nell’universo) che comunque ha il difetto di non diminuire, ma probabilmente di aumentare il raggiungimento dello spazio abiotico;
- c) possiamo continuare a farci carico, come singoli individui, della responsabilità della velocità con la quale vogliamo raggiungere lo spazio abiotico, facendoci abbindolare dal racconto della nostra colpa, in cui noi spegniamo gli apparecchi in standby producendo certificati verdi per chi continua a consumare indiscriminatamente senza riformare le proprie catene produttive e quindi non rallentando il raggiungimento dello spazio abiotico.
- d) possiamo fare una rivoluzione culturale, una rivoluzione che ci porti alla consapevolezza di quello che siamo: esseri viventi sottoposti alle regole della natura, dove all’interno della stessa specie solitamente si collabora per la sopravvivenza, dove se ci si prevalica lo si fa per il benessere della collettività e della specie stessa e non a beneficio di pochi.
Per me questo vuol dire per l’uomo di oggi fare un vero cambio di paradigma, che da una parte richiede la necessaria consapevolezza per non cascare banalmente nei punti a, b e c, e quindi accelerare la nostra naturale scomparsa, dall’altra ritengo che possa essere la sola evoluzione possibile dell’uomo: la globalizzazione che tanto preoccupa gli economisti (amici di Trump 😉 ) porterà di fatto ad un equilibrio socio-economico in cui un lavoratore cinese o africano guadagna quanto uno europeo o americano; il passaggio a fonti energetiche rinnovabili, il cui combustibile non e’ di nessuno, permetterà di socializzare sempre di più l’energia (vero solo se fatto bene, non come in Italia dove si sono finanziati piccoli imprenditori del fotovoltaico piuttosto che i cittadini); la comunicazione accessibile a tutti permetterà di appianare i vantaggi di uno su gli altri; ecc, ecc.
Ora l’unica domanda che possiamo porci e’ solo quando questo accadrà, e semmai accelerare questo cambio di paradigma, perché per l’uomo il destino e’ già scritto dalle leggi della natura.
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